Solfatara
“Solfatara”
è uno spettacolo spagnolo ideato ed interpretato da tre attori di
Barcellona; Monica Almirall, Miguel Segovia ed Albert Pérez Hidalgo.
“Profondo,
esilarante, provocatorio. Fresco, fantasioso, scortese.” Queste le
parole lette sul volantino dello spettacolo. “Ma cosa sto andando a
vedere?” Mi chiesi.
“Profondo,
esilarante, provocatorio. Fresco, fantasioso, scortese.” Queste le
parole rilette alla fine dello spettacolo. “Ma cosa ho visto?” Mi
sono chiesta.
In
auto mentre tornavo a casa ho cominciato a parlare ad alta voce, come
se ci fosse qualcuno sul sedile accanto che mi stesse ascoltando.
Addirittura mi voltavo cercando una conferma per quello che dicevo,
ma nulla; silenzio, nessuna risposta. Non che ne cercassi davvero
una. Il mio monologo infatti continuava comunque, scorreva come un
fiume in piena e ad ogni pensiero che concretizzavo in parola si
aggiungeva una brezza di libertà in più. Mi sentivo alleggerita da
riflessioni, idee, paranoie che occupavano la mia mente. Ben presto
mi accorsi che si trattava piuttosto di un dialogo fra me, la mia
coscienza e quella delle persone incontrate durante la giornata.
Parole che non ero riuscita a dire, che non volevo dire, parole
sentite, ascoltate, parole dette o dette a metà. “Mi avranno
capita? Fraintesa? Criticata?”.
Ecco
cosa avevo visto a teatro. Noi! Le nostre menti paragonate ad un
vulcano attivo che può eruttare da un momento all’altro. Noi siamo
così. La nostra coscienza è un sistema chiuso, impenetrabile
dall’esterno. Ribolle, è in continuo movimento. I mille pensieri
trasformano immagini, modellano concetti, combinano temi che nessuno
può leggere se non nel momento in cui noi concretizziamo il tutto in
parola. Le parole però possono spesso eruttare all’improvviso ed
essere recepite come lava ardente dal nostro interlocutore. Anche lui
infatti ha una coscienza a noi sconosciuta che lavora incessantemente
proprio come la nostra. “Mi avrà capita? Fraintesa? Criticata?”.
Lo
spettacolo ha rappresentato il comportamento umano come fosse un
dettato delle aspettative altrui. Effettivamente l’ordine sociale è
stabilito dalle aspettative di ogni individuo. Quando queste
aspettative non vengono rispettate sopraggiunge un’esplosione,
un’eruzione vulcanica che porta scompiglio, disordine e confusione.
La verità viene a galla, i pensieri più profondi si rifiutano di
mentire e poi capita che si decida di ballare e scatenarsi, mentre
gli altri rimangono pietrificati dalla lava rovente.
Così,
mentre ero in auto durante il mio monologo-dialogo ho capito cosa
avevo visto. La nostra coscienza è un vulcano attivo dalla quale
nessuno si aspetta un’eruzione e quindi noi, per non deludere “gli
altri”, teniamo tutto all’interno del cratere. Ma per quanto
tempo riusciremo a trattenere la lava? Per quanto riusciremo a
giocare questo ruolo?
C’è
una scena particolare dello spettacolo nella quale io ritrovo tutto
il suo significato. L’attore che rappresenta la coscienza dei due
amanti suona al pianoforte la “Marcia Turca” di Wolfgang Amadeus
Mozart. La ragazza balla sulle note della sinfonia mentre il terzo
attore è in bagno. La coscienza regala loro un momento di assoluta
libertà, durante il quale possono fare ciò che vogliono incuranti
delle aspettative altrui.
Ecco
che cosa avevo visto a teatro. Noi! La nostra vita, una sinfonia,
un’insieme di note sulle quali ballare.
“Quante
volte vivi?” Mi chiese la mia coscienza.
“Una.”
Risposi io.
“Allora
balla!”.
testo: Raffaella
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