Bruno: la coerenza dell'incoerenza


Questo spettacolo deve essere bello, lo sento, penso mentre entro nella sala che trovo con stupore piena di fumo. Mi siedo, due parole d’introduzione e si comincia.
Un uomo, solo in scena, monologhi sparsi e molta, molta coreografia legata alla danza. Compare anche una donna, ma i due non si parlano, comincio a temere di non trovare una logica, di uscire chiedendomi cosa ho visto mentre sul palco si susseguono scene esteticamente bellissime, ma di cui non capisco il senso.
Poi, il senso lo trovo nel monologo iniziale, che dice all’incirca: I fatti ordinari sono disposti lungo un filo, in ordine, ben collegati; ma i miei sono fatti sospesi, fatti che non hanno posto nella linea del tempo. Il mio mondo è un treno che viaggia su un binario morto.

A cercare il filo logico, o la storia di questo spettacolo, non si trova niente, e si rischia di lasciarsi sfuggire l’immenso carico emotivo, poetico e contemporaneamente mostruoso che i due attori scaricano sul pubblico dando la loro versione della vita di Bruno Schulz. Schulz era uno scrittore e disegnatore polacco, che viene descritto dalla critica come “più kafkiano di Kafka”. Ha avuto una vita familiare complicata e ha vissuto in un momento storico estremamente tragico; lui, ebreo, nella Polonia occupata dal Nazismo, che non lo risparmierà.

Lo spettacolo segue lo stile dei suoi libri (che non ho letto, ndr), descritti dagli attori a spettacolo finito come completamente privi di coerenza (lo stesso personaggio, ad esempio, muore più volte nello stesso romanzo) e ricchi invece di fantasia ed immaginazione quasi infantile, secondo l’idea di Schulz di uno sviluppo mirato a maturare verso l’infanzia. Così ogni presenza, ogni personaggio è trasposto in una dimensione fantastica, che non manca però di degenerare in tratti mostruosi, comici e grotteschi.

Conoscendo questi antefatti non si rischia di perdersi a cercare un inesistente filo logico e ci si lascia travolgere da uno spettacolo emozionante, densamente poetico e ricco di crolli grotteschi, attraverso una realtà allucinata e pura, visualizzata nella sua totalità dall’interno di una stanza.

Testo: Marzio / Foto: Alessia e Laura

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