Un capolavoro a coriandoli!

Nel mito di Omero, Penelope è la donna di Ulisse, in perenne attesa del ritorno del marito dalla vittoriosa spedizione di Troia. Ulisse, come sappiamo da interi pomeriggi liceali passati sulla Divina Commedia, non farà mai ritorno a Sparta, e la povera Penelope continuerà ad aspettare invano. La rivisitazione di Pepa Plana ci mostra come quest’attesa poteva diventare molto produttiva e divertente, se solo la povera Penelope avesse avuto le fattezze di un clown. Un clown donna, travolgente e irresistibile, vera e propria padrona del palcoscenico e in grado di non schiodare lo spettatore neanche un secondo da tutto ciò che avviene in scena, con l’ausilio di una simpaticissima “inserviente”, l’anziana Pepita, di una macchina da cucire e di un filo rosso che si snoderà sugli stenditoi presenti sullo sfondo per raccontare al pubblico una versione essenziale (ed esilarante, ci mancherebbe altro) della guerra di Troia.
Penelope coinvolge tutti, persino direttamente, come nello spassoso caso di “Herman”, ignaro signore del pubblico trovatosi alla fine oggetto delle fantasie…ormonali della stessa protagonista, in un continuo flusso di piccole comiche situazioni, che possono anche ripetersi ma mettono alla dura prova lo…stomaco degli spettatori, travolti da tante risate. Navi e castelli di filo rosso, soldatini di carta, un cavallo di Troia ricavato dalla macchina da cucire, un povero pappagallo di pezza che non sa volare ma che nonostante ciò viene inviato dalla sempre più svampita Penelope a Troia, per poi fare ritorno malconcio e moribondo, e, momento clou, divertentissime danze neozelandesi. L’attesa diventa così un pretesto per riempire la vita di Penelope con svariate attività e conversazioni immaginarie e di conseguenza per dimenticare la propria solitudine. Quando risulta ormai chiaro che Ulisse non tornerà più, a Penelope non resta che relativizzare il tutto mettendo in scena un’esilarante versione della relazione a dir poco passionale tra quest’ultimo e la sua nuova fiamma Calipso.
Penelope porta dunque sulla scena la tremenda condizione dei solitari e degli abbandonati, costretti a vivere, nel proprio immaginario, la vita altrui per riuscire a dare un significato alla propria. Infatti, dietro un’aura di comicità irresistibile, Penelope non fa altro che sognare e “raccontare” le imprese che in realtà il suo Ulisse sta vivendo, scacciando così il dolore causato dalla sua perdita. Ovviamente, tutto ciò ci viene mostrato dal punto di vista di un clown, che riesce a metabolizzare questa situazione molto meglio di quanto non abbia fatto la Penelope “reale”, o di quanto non facciano le molte Penelope (anche maschili, beninteso) che popolano il nostro mondo, che non vorrebbero altro che un’altra vita, ancora assieme a chi le ha lasciate. Un’aura malinconica avvolge quindi un piccolo capolavoro di bravura e di messa in scena, che lascia lo spettatore, entusiasta e rapito, a svolazzare fuori dalla sala, un po’ come i coriandoli che Penelope usa per chiudere lo spettacolo e, probabilmente, anche il suo sogno del ritorno di Ulisse.

di Samuele Ferrari

Penèlope, Compagnia Cia Pepa Plana,
Regia di Nola Rae, con Pepa Plana.
Sabato 23 ottobre, 20.45 Teatro NuovoStudioFoce di Lugano.

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